PONTE PER MISURE in Radio Frequenza

di IØZV, Francesco Cherubiniponte-rf

Questa descrizione non interessa certamente chi dispone di moderni e costosi strumenti, ma consente al dilettante medio di fare misure in HF con un impegno economico assai modesto.
Questo ponte, costruito tanti anni fa, è tutt’ ora usabile per misure in HF, più esattamente fino a 30 MHz per resistenze tra 10 e 1000 ohm, capacità tra 1 e 500 pf e induttanze tra 1 e 100 μH.
La costruzione e lo schema furono parzialmente ispirate dal ponte della Marconi tipo TME 20.
La descrizione fu pubblicata su Radio Rivista 8/1966 e su QST (USA) 9/1967; ed è stato usato e citato da IN3IYD su R.Rivista. 3/2012, pag.37. Quel che segue è un rifacimento 2013.

BREVE PREMESSA ad uso dei meno esperti.
Ometto le analisi dettagliate sui circuiti a ponte che sono ben presenti sui testi appositi [per esempio qui per un’introduzione NdR].
Sintetizzando, il metodo del ponte consiste nell’ottenere un equilibrio nel circuito di fig.1 A; RIV è un sensibile rivelatore.
Se le 2 resistenze in alto (indicate con R1) sono uguali, si ottiene equilibrio quando Rx (la resistenza da misurare) e la Rv (resistenza variabile e calibrata) sono uguali. Un indicatore adatto (indicato con RIV, o anche DET = detector) segna ZERO.
Detto così sembra facile.. ma in realtà avere in Rv una resistenza variabile (cioè un reostato) da 10 ad almeno 1000 ohm, che sia usabile fino a 30 MHz non esiste – almeno per noi – perchè i reostati a filo hanno sempre una discreta induttanza in serie (che si chiamava parassita, perchè indesiderata) in aggiunta alla resistenza, il che comporta quindi inaccettabili inesattezze nelle misure.
Si potrebbe anche pensare di usare varie resistenze fisse commutabili (a decadi) ed in serie fra loro.
Questo metodo è usato, ed è abituale, se il circuito lavora in continua od a frequenze relativamente basse (campo audio), ma su frequenze alte il fatto di avere 2 o 3 resistenze in serie, con fili di collegamento, comporta ancora la presenza di induttanze e capacità indesiderate.
La soluzione è semplice: se le varie resistenze vengono poste in parallelo anziché in serie, l’induttanza parassita può essere ridotta moltissimo.
Questa soluzione la vidi adottata in un ponte per RF della casa inglese Marconi tipo TME 20, e dove la scelta delle resistenze avveniva girando dei piccoli tamburi.
Dato che per noi auto costruttori questo tipo di costruzione non è semplice da realizzare per motivi meccanici costruttivi, ho tentato una soluzione diversa: ho infatti verificato che usando piccoli commutatori (per selezionare resistenze da 1/2 W) posti su un piano comune conduttore (di massa) si ottengono buoni risultati, dato che le resistenze hanno fili cortissimi.

Quando poi in parallelo alla Rx incognita esiste una capacità, (indicata con Cx), per avere un equilibrio occorre avere anche una capacità Cv in parallelo a Rv per bilanciare esattamente il ponte (vedere lo schema di fig. 1B).
Se, invece, in parallelo alla Rx incognita esiste una induttanza Lx, basta spostare la Cv sul lato opposto in modo da ottenere una risonanza parallelo (teoricamente di impedenza infinita alla frequenza usata) che in pratica cancella l’induttanza Lx (vedi fig. 1C).
Quindi lo schema generico del ponte diviene quello di fig.1 D.

La CONDUTTANZA G.
Noi siamo abituati a valutare una resistenza – simbolo R – misurandola in OHM; maggiore è la resistenza al passaggio di corrente, più alto è il suo valore numerico espresso in ohm.
Ma esiste anche un modo diverso, che richiede un breve approccio mentale: valutare una resistenza in base a come facilmente fa passare la corrente: abbiamo così una “possibilità di condurre” o conducibilità, chiamata conduttanza (simbolo G) e misurata in unità chiamate Siemens (in passato si usava anche Mho, perchè l’inverso di Ohm..)
Per fare un esempio: una resistenza di 1 ohm fa passare 1 A con 1 V; ed ha una conduttanza che vale 1 S; se la resistenza diviene 10 volte più alta, noi sappiamo che vale 10 ohm; ma la sua conduttanza è invece 10 volte più bassa, cioè 0,1 S, od anche 100 mS (milli Siemens).
Va osservato che R ed S sono valori inversi; si passa da una unità all’altra facendo l’inverso: S = 1/R
Quindi 100 ohm sono anche,se espressi in S: 1/100 = 0,01 S o 10 mS.
Questo modo di ragionare può risultare abbastanza ostico all’inizio, ma se ci si ragiona un poco sopra, si trova che è utile in molti casi.
Infatti occorre tener presente che mentre per le resistenze in serie il valore totale – in ohm – è dato dalla loro somma, quando sono in parallelo il valore è dato dalla somma degli inversi, cosa meno semplice da fare mentalmente.
A questo punto basta un poco di esercizio ed abituarsi ad usare la “conduttanza”.
Infatti se si hanno alcune resistenze in parallelo fra loro, la resistenza complessiva è la somma dei valori inversi, cioè proprio la somma delle conduttanze.

SCHEMA COMPLETO PONTE
Quella che segue è la descrizione del ponte che fu da me costruito e che anche oggi può essere usato facilmente.
Per il suo uso occorre anche un generatore di radiofrequenza a bassa impedenza di 1-2 V.
Su come ottenerlo non mi dilungo: un esempio è il generatore descritto in rif. 1, inoltre esistono schemi vari sugli Hand Book ARRL.
Tutto ciò premesso, lo schema completo del ponte è visibile in fig.2fig.2
Vi sono due rami principali: quello a sinistra comprende gli elementi di bilanciamento e quello di destra l’elemento da misurare “X” (cioè incognito), da collegare agli appositi terminali.
Il segnale del generatore, di frequenza scelta dall’ operatore, entra nei morsetti “Gen”.
Lo squilibrio tra i due rami, tramite un diodo al germanio Dg, genera una tensione in uscita sui terminali “RIV”, ove sarà connesso un tester sensibile (i tester digitali attuali sono sensibili fino a pochi mV).
Variando le resistenze, inseribili con i tre commutatori, e, se occorre, anche manovrando il condensatore variabile Cv, si può ottenere uscita zero sul tester.
La cifra totale, rilevabile dalla posizione dei commutatori, che sono calibrati in mS, si converte in ohm facendo la semplice divisione: OHM = 1000/mS.
Il quadrante di comando del variabile Cv può essere tarato in pF, per esempio connettendo su X dei condensatori campione al 2 % oggi facilmente reperibili.
Con il variabile usato, da circa 530 pF max, si può misurare per confronto un C di cui si vuol controllare la capacità. Per questo tipo di misure è conveniente usare una frequenza di alcuni MHz.

E’ possibile inoltre misurare il valore di una induttanza se si usano determinate frequenze.
Infatti usando 7,12 Mhz (valore che ho ritenuto utile per i casi più comuni) si possono misurare induttanze da 1 a 50 microH, corrispondenti a capacità da 500 a 10 pF. Il valore in μH si ottiene dividendo il numero fisso 500 per la capacità del variabile regolato per avere equilibrio. Si consideri che 10 μH risuonano con 50 pF, 5 μH con 100 pF e così via.

COSTRUZIONEFoto 1
La costruzione si basa su piastra frontale di cm. 24×19 collocata in contenitore di legno alto circa 10 cm. L’altezza è condizionata dalle dimensioni del condensatore variabile.
La piastra – in masonite – ha sul retro applicato un foglio di rame nudo spessore 0,1 mm su cui fanno riferimento tutti i collegamenti di massa.
Come terminali ho usato dei morsetti serrafilo colorati, e la loro posizione sul pannello è stata scelta in modo da avere sempre brevi collegamenti. Come visibile dalla foto 1, l’ ingresso è sul lato sinistro, la X si collega subito in alto, mentre l’uscita è presente sul lato destro.

Circa le due resistenze da 100 ohm, non occorre che siano esattamente da 100 ohm, ma devono essere il più possibile uguali tra loro per avere un buon bilanciamento.
Sono state usate quelle da 1,5 W perchè essendo molto lunghe, permettevano fili corti. Usando resistenze piccole si può mettere una strisciolina di rame larga 6 mm saldata in parallelo ai fili per ridurne l’induttanza.
I tre commutatori, che hanno 1 polo e 11 posizioni, costituiscono le tre decadi che selezionano le resistenze, scelte in modo da avere rispettivamente conduttanza variabile da 0 a 1, 0-10, 0-100 mS, in passi rispettivamente di 0,1, 1, 10 mS.
Quindi si può avere qualsiasi combinazione da 1 a 110 mS a passi di 0,1 mS.
Le resistenze sono connesse tra i terminali dei commutatori e la piastra di rame, montate verticali e con fili particolarmente brevi.
Il diodo al germanio Dg deve essere adatto almeno fino ai 30 MHz: p.es.: OA90, OA95, THI95, 1N34, ecc.
I valori delle resistenze da usare risultano dalla tabella in fig.2.
I collegamenti ai morsetti X e GEN possono farsi con nastrino rame largo 10 mm spessore 0,1, dato che bisogna ridurre le induttanze disperse al minimo possibile.
Per unire i poli dei commutatori è stata impiegato un tubo rame da 6 mm, meccanicamente sostenuto alle estremità da due supporti ceramici, questo sempre per avere induttanze minime nel circuito (come visibile in foto 2).Foto 2
Il condensatore variabile Cv, normalmente in posizione zero, può essere connesso sia a destra che a sinistra. (Il variabile visibile nella foto ha 2 sezioni, ma solo una viene usata).
Si noti che conviene poter avere una capacità minima pari a ZERO, mentre tutti i variabili hanno sempre una capacità minima di 10/15 pF; conseguentemente è sufficiente bilanciare la minima di Cv, in sede di taratura, con un trimmer (Cb) che si trova sul lato opposto e che si può commutare insieme a Cv.
Per la commutazione di Cv e Cb da un lato all’altro si potrebbe usare un commutatore a 2 vie 3 posizioni (con posizione intermadia neutra); tuttavia per timore di induttanze indesiderate io ho preferito montare 4 morsetti su plexiglass, e disposti in quadrato, e che con due barrette di ottone da 1 mm, consentono lo scambio di posizione tra Cv e Cb, ma anche . se occorre – la loro esclusione (vedi foto 1).
E’ anche possibile usare 4 boccole e due ponticelli metallici.

MESSA A PUNTO INIZIALE
Controllare attentamente le saldature e circuito; verificare poi che le due resistenze da 100 ohm siano abbastanza uguali – direi almeno entro 1 ohm.
Alimentando con tensione di circa 2 V cc, inviata su entrata Gen, si fa il bilanciamento in corrente continua agendo sul trimmer da 470 ohm che si regola una volta per tutte, in modo da avere tra i due punti Tcc tensione zero. Se scambiando le 2 resistenze da 100 ohm la tensione fra i 2 punti di prova Tcc resta zero, significa che le 2 R sono uguali. In caso contrario significa che sono diverse.

Per il bilanciamento a radio frequenza, scollegare – se non già fatto – i due ponticelli, ed inviare un segnale RF a 14 MHz di 2/3 V . Regolando il trimmer che è in parallelo ai morsetti X e che chiameremo “Bil.1”, si otterrà zero in uscita su RIV.
Si passa quindi a verificare se il bilanciamento permane usando un segnale su 7 e poi su 28 MHz.
Se questo non dovesse verificarsi si può vedere di equalizzare le due R da 100 ponendo una piccolissima capacità (1-2 pF) in parallelo ad una delle due R.
Si inseriscono ora i due ponticelli e con il variabile quasi al minimo si ripete il bilanciamento a 14 MHz agendo ora sul trimmer “bil.Cmin” e che serve a compensare la capacità residua del variabile. E’ utile che il variabile non sia proprio al minimo, ma leggermente oltre. In tal modo si può usare anche una piccola capacità negativa nell’uso normale.
Il variabile da me usato è un due sezioni per ricevitori con demoltiplica 1:3, anche se una demoltiplica 1:2 sarebbe preferibile.
La manopola del variabile è bene sia grande e con un indice, e sapendo disegnarla può essere munita di scala adatta con indicazione della capacità. Questa calibrazione può farsi usando condensatori messi in X e che siano all’1 o 2 %.
E’ possibile anche tarare la scala nei valori induttanza. Usando un segnale di 7,12 MHz, il prodotto μH x C deve dare 500; quindi a 500 pF corrisponde 1 μH, con 250 pF = 2 μH, 3 μH = 167 pF,
5 μH = 100 pF e così via fino a 50 μH = 10 pF.
Valori di induttanza più alti possono essere misurati usando 3,56 MHz e la scala fornirà una lettura 4 volte maggiore.

USO
Ora il ponte dovrebbe essere a posto: si possono effettuare prove con resistenze o altri componenti.
Ricordo che i fili di collegamento devono essere brevi: ad esempio, in 28 MHz, un condensatore di 330 pF collegato con fili sottili di 2-3 cm mostra una capacità maggiore di 100 pF; mentre con fili di 2/3 mm la capacità misurabile diviene esatta.
Si noti che nel fare misure su reattanze si dovrà agire sia sui commutatori che sul variabile per avere uno zero; se questo non si ottiene, provare a scambiare la posizione dei due ponticelli.
Con un poco di pratica si possono fare misure in modo assai veloce.

Riferimenti:
1 – Oscillatore per misure a RF, di I0ZV, su CQ Elettronica 10.2007

 

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